2003

Al contadino non far sapere



Fra tutte le preoccupazioni dei nostri giorni la musica sembra proprio essere all’ultimo posto.
I nostri politici la nominano, quasi seccati, soltanto quando si fa cortesemente notar loro che la hanno ignorata, e allora prontamente ci rispondono che invece ci stanno pensando eccome, e che faranno a breve grandi interventi... D’accordo sarò anche ripetitivo, però sono decenni che non si muove niente, almeno non nella direzione giusta.
A volte mi domando se le persone abbiano una cognizione giusta di che cosa sia la musica. Me lo chiedo perché c’è una enorme contraddizione in termini fra la diffusione che hanno adesso i suoni e il rapporto che la gente ha con loro. E’ certamente vero che oggi nel nostro mondo di privilegi, rispetto ai secoli passati, la musica è parte integrante della vita di tutti: siamo costantemente inondati di musica e siamo costretti ad ascoltarla ovunque ci troviamo: in auto, nei supermercati, alla radio, alla televisione, al cinema, perfino mentre i nostri interlocutori telefonici ci mettono in attesa. Però può capitarci di tutto: possiamo trovare un bel rock duro nella sala d’attesa del dentista, possiamo trovare un Adagio di Mozart come sottofondo ad un film osé, oppure una melensa canzone di Sanremo nella reception della USL, il Preludio di Carmen sulla suoneria del telefonino o magari un bel corale di Bach a pubblicizzare la carta igienica, e noi non possiamo farci niente, quei suoni ce li dobbiamo sorbire così come sono. Ma questa overdose acustica ci fa bene davvero?
Facciamo un paragone alimentare: oggi che andiamo verso l’obesità tipica del modello consumistico, poniamo tutti un po’ più di attenzione non soltanto a quanto mangiamo ma anche e soprattutto a quello che mangiamo e a quando lo mangiamo, perché non occorre una laurea per intuire che lo stesso piatto di carbonara non ha le stesse conseguenze se ingerito a mezzogiorno o a mezzanotte, e che le stesse due dita di cognac non hanno la stessa valenza nell’immediato dopo cena o alle otto di mattina.
Invece continuiamo a bombardare le nostre orecchie di ogni sorta di suoni grassi, colesterolo ritmico, coloranti e additivi acustici senza preoccuparci minimamente delle possibili conseguenze su di noi.
E in questo coacervo di suoni, fatto di rumori dei motori degli autobus conditi con sottofondo di concerto grosso barocco, o di ronzìo del trapano del dentista mescolato a sottofondo dell’ultimo lancio del DJ di turno, qual’è la musica vera, quella più degna?
Se è degna quella che ci riporta la cronaca ufficiale dei telegiornali (comunque perennemente dopo le notizie sportive, perché gli sputi di Mihajlovic e le caviglie di Del Piero son sempre più importanti), la musica che conta è l’ultimo album commerciale dei nostri cantautori, che viene gabellato per notizia di cultura e invece è uno spudorato spot commerciale senza la scritta “messaggio promozionale” in basso. Oppure è il concerto del primo maggio, oppure Sanremo o chi per loro.
L’ altra musica, che sia classica, che sia antica, che sia jazz, che sia di ricerca, è la musica di pochi intellettuali rompiscatole, quegli individui strani, che non vanno a riempire gli stadi, a cui non si possono vendere gli ingressi quotidiani in discoteca e i telefonini troppo accessoriati. La musica “strana” però ci deve essere, perché ogni detentore del potere si rende conto di non poter spiaccicare nel muro come vorrebbe quella fastidiosa zanzara che ogni tanto viene a lamentarsi o a batter cassa, egli sa o intuisce che lì c’è un valore autentico, e infatti la fa sopravvivere alla meno peggio, nel ghetto delle trasmissioni notturne e delle proposte di nicchia.
Ma allora perché non si fa qualcosa di più?
Al contadino non far sapere quanto è buono il formaggio con le pere. Fin da bambino questo proverbio mi ronzava nella testa, ma ovviamente non riuscivo a capirlo, dato che da piccoli si tirano sempre delle conclusioni un po’ ingenue: e perché mai bisognerà tenere questo contadino all’oscuro di tale bontà? Non vorrà mica mangiarsi tutto lui, e poi quante pere potrà mai mangiarsi una persona sola?! E poi col tempo ho riletto questo proverbio sotto tante luci diverse. Oggi trovo che sia il più attuale fra i detti antichi: è bene che il contadino non sappia nulla, è bene che sia ignorante, che raccolga le pere, che produca il cacio e che non abbia cognizione di come utilizzarli, non sia mai che possano venirgli delle idee...
E la musica, più o meno coscientemente, altro non è che una pedina dello stesso perverso giochino.
Fa più comodo al sistema un consumatore medio con le orecchie educate, una cultura dell’ascolto, una cultura del volume dei suoni, oppure fa più comodo il consumatore medio di oggi?
Si sa, quando si compie un salto di qualità non si può più tornare indietro, neanche nelle piccole cose! Basta salire una volta con l’ascensore che le scale ci faranno sempre più fatica del dovuto, basta avere una volta l’auto col condizionatore e non possiamo più rinunciarci, basterà assaggiare per un breve periodo una cucina di qualità e non potremo più mangiare come prima... e questo meccanismo, nota bene, vale anche per il sapere!!! Eh già, una volta che si arriva a comprendere e ad apprezzare dieci, non ci si accontenta più di leggere, guardare e ascoltare cinque.
Come si farebbe, di fronte ad individui con una seria educazione dei suoni, a far rincoglionire tutte le sere un esercito di ragazzini con degli assordanti volumi in discoteca? Impossibile, non ci andrebbero, almeno non tutti i giorni, perché vorrebbero parlare e avrebbero anche altri interessi! Come si farebbe a vendergli tutto l’apparato commerciale che sta intorno alla musica di consumo? Impossibile, non si strapperebbero certo più i capelli per un imberbe divetto dai lunghi capelli femminili e una chitarra (per figura) fra le mani!
E come si farebbe, con un minimo di cultura, a creare una massa di ragazzi lobotomizzati, con i soli interessi del cellulare nuovo, del motorino, del giubbotto firmato, con l’unica attività di scaricare ore ed ore degli MP3 da Internet e senza la minima cognizione di quello che li circonda? Questi sono comodi, controllabili, facilmente impasticcabili, e oltretutto fra non molto saranno anche sordi!
Non sottovalutiamo la musica: può essere molto pericolosa! Meglio relegarla a pochi, dare il potere e l’immagine a qualche personaggio scelto e farla soltanto sopravvivere per facciata. Del resto basterebbe poco a farla “produrre”, perché il film “Amadeus” ha fatto vendere una vagonata di Requiem di Mozart, “Shine” ha fatto ascoltare il terzo concerto di Rachmaninoff anche a chi non aveva mai visto un pianoforte in vita sua, e basta uno spot pubblicitario perché un qualunque sconosciuto del settore musicale come il sottoscritto riceva una sfilza di telefonate e messaggi e-mail da persone di ogni levatura a chiedere: «cos’è quel motivo...?».
La musica venderebbe eccome, ma attenzione, il contadino non deve sapere! Altrimenti, per bene che possa andare, potrebbe cominciare a non comprare più... Teniamola lontana quindi dai bambini e dalla massa!
E i musicisti cosa fanno? I signori maestri fanno finta che tutto sia come prima, fanno finta che ci sia ancora il pubblico di vent’anni fa (che invece è dimezzato), fanno finta che si vendano gli stessi dischi di prima (e invece son meno di un terzo), in tre parole: fanno i divi.
Sento da più di un anno i docenti di conservatorio preoccuparsi di una sola cosa: la riforma! Parlano ore e ore preoccupati di perdere i privilegi del loro posticino di due giornate di lavoro settimanali con quasi cinque mesi di ferie pagate, posticino di cui magari si lamentano da sempre perché devono prendere un treno per recarsi in sede.
Io credo che potremmo tranquillamente chiudere tutti i Conservatori per cinque anni, perché ci sono già una quantità industriale di musicisti bravi e a spasso senza lavoro, e non c’è alcun bisogno di produrne altri.
Quello che manca, invece, è una operatività sociale da parte dei signori maestri: la loro discesa dal piedistallo e il loro aiuto concreto nel divulgare una cultura che sta agonizzando! Inutile avere i conservatori e le migliori accademie di perfezionamento se sta morendo il pubblico che ascolta i concerti! Anche chi oggi fa la vita del divo fra un palcoscenico e l’altro, domani potrebbe avere seri problemi, e mi chiedo se alcuni docenti di grido si sono fatti un’idea di cosa potrebbe succedere nei prossimi vent’anni alla musica se non ci rimbocchiamo tutti le maniche! Insomma, preoccupiamoci di chi ascolterà prima che di noi musicisti!
Coloro che oggi eseguono Beethoven in giro per il mondo, o che ne insegnano i segreti dello stile nelle cattedre più “in”, o coloro che scrivono le severe recensioni dei dischi o dei concerti e le biografie specialistiche, sarebbero contenti di sapere che fra 240 mesi tutto il loro lavoro, tutti i loro sforzi e le loro ricerche potrebbero non interessare più a nessuno? Fateci un pensierino: quanti del vostro pubblico saranno ancora lì?
VenerdìMusica ha ormai sette anni, e molti musicisti anche di nome hanno accettato di “scendere” dal piedistallo e di venire qui a suonare in una sala piccola, su un pianoforte a mezza coda, senza far notizia e magari scambiando qualche parola col pubblico.
Non credo che a questa stagione musicale sia da assegnare una nota di merito, credo invece che con le sue guide all’ascolto e le sue proposte particolari abbia fatto un percorso di cui c’è tanto bisogno anche altrove, soprattutto per il calore e l’atmosfera che ormai è presente qui nel saloncino del Tempio.
Il nostro Vescovo fin dagli inizi, e quest’anno in maniera significativa anche la Fondazione Cassa di Risparmio di Pistoia e Pescia, attraverso la nuova Fondazione PROMUSICA, rendono possibile questa avventura contro corrente. Sono lusingato di veder fiorire qua e là i germogli di alcuni sementi gettati anche da noi, e ringrazio sentitamente i musicisti che hanno accettato ancora di venire qui fra amici a far musica con uno spirito diverso.
VenerdìMusica non cambierà: avremo ancora le stesse vesti, e forse qualcuno potrà rimproverarci di predicare troppo senza essere nessuno. Che dire? E’ vero, forse non conteremo mai niente, e non avremo forse mai i mezzi per imporci alla massa, cosa che peraltro non ci interessa minimamente, ma state pur certi che qui da noi un pezzo di formaggio e una pera gratis ci saranno sempre per tutti!

Rodolfo Alessandrini