11 novembre 2001

Per niente allegro, ma con fuoco


Un lustro di stagione. Così doveva chiamarsi fino a due mesi fa questo consueto editoriale (io preferisco chiamarlo semplicemente prefazione), ed avrei voluto giocare sul doppio senso del termine “lustro” inteso come il traguardo di un quinquennio che taglieremo con questa nuova serie di appuntamenti, ma anche come il vanto di aver fatto qualcosa di buono in questi anni qui al Saloncino.
Poi da due mesi a questa parte tutto è cambiato, e volenti o nolenti siamo stati costretti a ripensare a quello che ci circonda, a quello che facciamo, a che futuro avremo.
Da anni sto dicendo che la musica classica è in crisi, ma non lo dico io, lo dicono i fatti e le cifre, lo dicono i negozi di dischi che hanno cessato l’attività, lo dicono le vendite di strumenti musicali colate a picco, lo dicono perfino gli spot pubblicitari televisivi in cui basta una stupidissima merendina per ravvivare una sala da concerto dipinta come uno squallido involucro di ammuffiti! Ma certo, una merendina piena di additivi e conservanti che va ad arricchire le tasche già gonfie di multinazionali (pre)potenti ed inquinanti val bene una cultura musicale per cui hanno dato la vita alcune delle menti più straordinarie della storia: la merendina vende, e la musica no! Il brano dello spot è goffamente in stile, ma il messaggio non cambia: ingozzatevi di dolci, riempitevi le vene di colesterolo, arricchite noi altri, seguite la massa e state lontani dalla cultura, che potrebbe farvi pensare!
Certo bisogna riconoscere che gli addetti ai lavori, i musicologi, gli esperti, i collezionisti di dischi e gli appassionati ci hanno messo del loro per assomigliare a quel mondo sgretolato da un morso ad una cialda croccante, ci hanno messo del loro per apparire pedanti, saccenti, antipatici e respingenti! E non dite che qui al Saloncino non abbiamo fatto di tutto per allontanarci da quello sciagurato modello! Detesto con tutto me stesso quella merendina, ma se serve a far riflettere qualcuno su questo... si accomodi anche lei ad imbottirci di cioccolata!
Il problema è che tutto questo succedeva già il 10 settembre scorso, e il deterioramento stava già avvenendo da più di un decennio e non solo in Italia, anche se qui siamo sempre velocissimi ad adeguarci ai voleri del dio quattrino; e non succedeva solo per la musica, ma occupiamoci esclusivamente di questa.
Due mesi fa, dicevo, stavo lavorando a questa prefazione, cercavo le argomentazioni per spiegare di nuovo il senso degli incontri e di ciò che avremmo fatto in questi venerdì, e confesso che mi sentivo come una sorta di Don Quichotte ad intraprendere una lotta impari qui al Tempio, al di fuori dei budgets di altre realtà musicali (non solo quelle miliardarie del rock), le cui briciole ci consentirebbero di campare per anni ed anni. Tutta la Stagione “VenerdìMusica” costa mediamente quanto un solo concerto di altre più blasonate ed altere stagioni italiane (e non sto parlando neanche delle più ricche), non vuol essere “in”, tanto è vero che non c’è mai stato alcun biglietto e oggi, si sa, quello che non costa non vale! Insomma mi sentivo a lottare contro l’evidenza di una realtà di pietra, in cui con pochi soldi e pochi effetti speciali dovevo convincere qualcuno a venire qui.
Sì, lo confesso senza timori, un po’ di ragionevoli dubbi cominciavo ad averli a furia di vedere la musica trattata novantanove volte come spazzatura e “usata” una volta con l’ausilio di grandi nomi e fior di quattrini a creare l’evento mondano. E confesso anche che cominciavo a mandar giù sempre meno volentieri le lamentele e gli appelli accorati di maestri più o meno illustri che guadagnano fior di bigliettoni per ogni serata e girano su bolidi fiammanti in favore di un’arte che sta diventando sempre più elitaria, oligarchica e antidemocratica, alla faccia di tutti quei bravissimi giovani che sono costretti a smettere di suonare perché non hanno soldi o appoggi per imporsi!
Ma non avrò sbagliato tutto, mi chiedevo, a somministrare l’ultimo ossigeno ad un genere musicale in agonia, a trovarmi lì a contare ogni volta quanti spettatori ci sono per mettere dieci sedie in più o in meno? Ci sarà ancora qualcuno che continuerà a prendere l’automobile con lo spettro di non trovare più il parcheggio sotto casa al ritorno, che continuerà a rinunciare al comodo sceneggiato televisivo in pantofole, o che si perderà la navigazione in rete serale o chissà a cos’altro, per venire al Tempio ad assistere a qualcosa che è completamente fuori mercato, che il giorno dopo non potrà nemmeno raccontare ai colleghi di lavoro?
In questi dubbi stavo naufragando ai primi di settembre osservando il progressivo degrado di questi valori, e poi dopo l’11 settembre qualcosa è cambiato.
Inizialmente ho temuto che tutte le conseguenze materiali ed economiche di quella terribile tragedia avrebbero portato la morte definitiva della musica, che già era agonizzante e che sarebbe stata immancabilmente defraudata anche di quella poca linfa vitale che le aveva consentito fino ad allora di sopravvivere, ma col passare dei giorni ho cambiato radicalmente opinione.
Sì, è paradossale, ma forse è vero che toccando il fondo non si può che risalire, e temo proprio che in questo periodo il fondo lo abbiamo toccato.
La storia non ammete mezzi termini e non fa caso alla moderazione, cataloga e mette in vetrina solo i due estremi opposti: le atrocità e le guerre da una parte, e le testimonianze più alte del pensiero e dell’arte dall’altra; quello che sta in mezzo rimane, ma bisogna andarlo a cercare con molta attenzione. Quindi sui libri troveremo in neretto i luoghi dei vari massacri, i nomi di generali e capi di stato, le date di scontri e battaglie; i giornali che ci rimarranno impressi saranno quelli che ci hanno parlato di crimini, di barbarie e di morte, in ogni tempo.
E dall’altro lato cosa serberemo del tempo che fu? L’esatto contrario, l’amore, la sofferenza, la sensibilità, il volo delle menti più straordinarie verso le più profonde filosofie, verso i segreti del suono, della parola e dell’immagine, e tutte queste cose verranno racchiuse in un solo scrigno, che convenzionalmente chiamiamo “Cultura”. Qui ritroveremo gli uomini e la loro anima, qui ritroveremo il loro pensiero, il loro sentire, il loro vivere per un mondo migliore e il loro messaggio all’umanità. E non ci saranno bombe o sterminî a metterli a tacere!
Ecco perché adesso più che mai sento di dover continuare, di dovervi chiedere ancora di rinunciare al collegamento ad Internet per venire qui a collegarvi con le menti e le anime di compositori scomparsi da più di un secolo che rivivono attraverso la loro musica. Ecco perché qui continueremo ad essere impopolari e a sfidare il Festival di San Remo con le 32 Sonate di quel Beethoven che ha resistito alle guerre, agli sterminî delle pagine più nere della storia, e rimane ancora simbolo di speranza e di futuro col suo Inno alla gioia. State pur certi che le merendine che ora incassano molto più di Beethoven, fra qualche anno spariranno per sempre dalla nostra memoria stritolate da altre con cioccolato più dolce e cialda più rumorosa, ma Beethoven rimarrà con noi fino all’ultimo respiro del mondo.
Ora più che mai la cultura è il nostro passato e il nostro futuro, ed è l’unica risposta che possiamo dare all’11 settembre, al 7 ottobre e alla violenza piena di menzogne che dilaga nel mondo. Ed è proprio il momento della musica, l’arte che non conosce barriere di lingue, di razze, di religioni, di tempo, di ideologie!
Adesso quella cultura così noiosa, superflua e in crisi di spettatori (o meglio di consumatori), è divenuta improvvisamente un bene di prima necessità, e anche se i più (e soprattutto i più potenti) ancora non lo hanno compreso, dovranno presto aprire gli occhi, prima che sia troppo tardi.
Quanto a VenerdìMusica... non cambierà niente, continuerà ad essere quello che è da cinque anni, ma sarà un po’ più attuale di prima.
E ringrazio chi da prima ci ha creduto: il nostro Vescovo, il Tempio e lo sponsor che appare sul nostro materiale divulgativo, e naturalmente voi che ci seguite e remate ogni venerdì contro corrente. Continuerò a raccomandarvi di non perdere gli altri concerti e le altre attività musicali che il territorio offre, perché non concepisco concorrenza nella cultura e confido che le persone colte facciano lo stesso. Continuerò ad offrirvi un modesto aiuto all’ascolto con le note-promemoria sui brani eseguiti, ausilio che quest’anno ho dovuto un po’ ridimensionare per mancanza di tempo e di spazio, e di questo mi scuso.
Non ci rimane che fare tutti la nostra piccola parte, e divulgare per quanto possiamo un messaggio di crescita e di valori, basta poco. Basta dare ai nostri figli qualche merendina in meno e un po’ di cultura in più, magari confezionata in maniera gradevole e gioviale, in modo che quando saranno loro a muovere le leve della società abbiano la struttura giusta per farlo nel modo migliore.
Altrimenti i morti di New York, di Kabul e di tutte le nostre guerre non saranno serviti a niente.

Rodolfo Alessandrini, 11 novembre 2001